Ex scuola San Martino di Rignano, opposizione all’attacco: perché cederla a 300mila euro?

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Polemiche a Rignano delle opposizioni riguardo ai metodi di pagamento dei lavori antisismici alla scuola media di Rignano da realizzare nell’estate 2020.
Un milione sarà liquidato alla ditta che realizzerà gli interventi ed i restanti 300mila euro saranno pagati tramite la cessione dell’ex scuola di San Martino, che la ditta potrà modificare in abitazioni da rivendere.

Di seguito la nota di Laboratorio Politico (Sinistra Unita Rignano sull’Arno):

Vista l’importanza della questione e dato che alle domande che abbiamo posto nei giorni scorsi, nessuno ha dato risposta, ci vediamo costretti a tornare sull’argomento.
Il 29 Luglio, un’ora prima del Consiglio Comunale tenutosi a Cellai, si è tenuta una Giunta che ha visto assenti sindaco e vicesindaco; fra i vari atti approvati ce n’è uno che merita la dovuta attenzione: la vendita/permuta dell’ex scuola di San Martino.
L’edificio (350mq e 1000mq. di giardino), come scritto nella perizia allegata alla delibera, “si presenta in buone condizioni di conservazione” e privo di “segni di dissesto […] o criticità delle strutture murarie” inoltre “si trova in una posizione favorevole rispetto ai servizi”, “in un’area di ottima panoramicità”, “in un contesto agricolo ben tenuto”, “in prossimità di edifici di ottimo livello architettonico”, privo di “elementi di disturbo”.
Quindi stiamo parlando, probabilmente, del miglior edificio di proprietà del comune; ebbene, quest’immobile verrebbe ceduto per soli €300.000 alla ditta appaltatrice, come scritto nella delibera di giunta “in un momento di crisi strutturale dei mercati immobiliari che non ne consente una adeguata valorizzazione”, tradotto: siccome i prezzi degli immobili sono bassi lo cediamo lo stesso per soli €300.000.
Inoltre per la cessione di questo immobile si tiene conto del Valore di Trasformazione cioè il valore dell’edificio ristrutturato a cui vengono sottratti i costi di ristrutturazione (che è un po’ come far pagare per intero il costo della ristrutturazione/trasformazione ai venditori, in questo caso i cittadini).
Da queste considerazioni sorgono alcune domande che dovrebbero ricevere delle risposte:
– Vista la più volte dichiarata disponibilità di cassa (oltre €2.000.000), perché si è deciso di cedere questo immobile?
– Perché invece del solito valore commerciale dell’immobile si prende in considerazione il valore di trasformazione che vede decurtare per intero dal valore finale il costo della possibile ristrutturazione?
– Vista l’importanza di questa vendita per la cittadinanza, perché il Sindaco (sempre prodigo di informazioni da comunicare al Consiglio circa i cantieri aperti e chiusi a Rignano) questa volta non ne fa menzione nelle sue comunicazioni?
– I Consiglieri di maggioranza erano a conoscenza di questa vendita? Hanno espresso il proprio parere favorevole?
– Non fosse stato per le due forze minoranza che in un pomeriggio di fine agosto leggono gli atti sull’Albo Pretorio, il tutto non sarebbe venuto alla luce, il Sindaco quando pensava di comunicare ai cittadini questa vendita?
– Nella delibera si parla di una presunta urgenza; quale sarebbe l’urgenza di vendere questo immobile?
Ogni amministratore dovrebbe essere consapevole che la propria carica sia pro-tempore e, per quanto formalmente possa essere legittimo, è moralmente deprecabile che la decisione di vendere un immobile che appartiene alla collettività si preda senza alcun passaggio democratico. Riteniamo, inoltre, che i Beni Comuni non debbano essere venduti, perché costituiscono un patrimonio collettivo costruito dai nostri predecessori che, invece, dovrebbe essere custodito e valorizzato per il bene di noi tutti, dei nostri figli e nipoti. Piuttosto sarebbe stato opportuno indire un bando per la presentazione di progetti volti a valorizzare quella struttura ed in grado di costituire un valore aggiunto alla collettività.
“dal nostro punto di vista i beni comuni sono quei beni che se arricchiti arricchiscono tutti, se impoveriti impoveriscono la società nel suo complesso. Che si tratti di una piazza, di un giardino, di un immobile abbandonato, della memoria storica, c’è un riconoscimento attivo da parte della Comunità, che nasce dalla responsabilità universale di cura verso i beni comuni. Una cura da cui tutti possono trarre beneficio, anche chi non può o non vuole attivarsi in prima persona, per tutelarli, mantenerli, valorizzarli”. (Labsus, 21 dicembre 2018)

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